Un film di Michelangelo Frammartino del 2009, premiato ala Quinzaine di Cannes nel 2010. Devo essere sincero, prima di entrare in sala avevo un certo timore nel dover confrontare questo film con la pellicola precedente del regista ("Il dono" ), difficile immaginare di poter asssistere a qualcosa che mi potesse piacere di più. Ecco fatto!
Il film è bellissimo, con momenti di purezza cinematografica straordinari, indelebili. Questo nuovo film é una specie di continuazione sulla strada del vecchio. Si parte da una situazine simile e poi l'autore allarga lo sguardo attraverso un registro più documentaristico ed essenziale che riesce, tra le altre cose, anche a contestualizzare al massimo la parte narrativa. Per riprendere poi il racconto nel finale, finale che si porta via quel pezzo di anima che si è spostato da una "volta" all'altra. Una bellissima chiusura che apre a tutto, l'opera viene consegnata definitivamente allo spettatore. Un film in cui c'é un pò di Bartas, un pò di Piavoli, un qualcosa di Straub. Un film che a tratti diverte, commuove e che soprattutto mi ricorda, una volta di più, quello che il cinema può e deve fare.
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