Pellicola polacca del 2009 diretta da Andrzej Wajda. Un film che si svolge su tre livelli narrativi. Marta è la moglie di un anziano dottore che lavora in un piccolo paese della Polonia degli anni 60. I due figli della coppia sono stati uccisi durante la guerra. La donna cerca di ritrovare le sensazioni della propria giovinezza negli incontri con un giovane conosciuto per caso. Wajda decide di mostrare anche la realizzazione del film in questione alternando il racconto vero e proprio a sequenze di ripresa. Il tutto è inframmezzato da alcune lunghe inquadrature con macchina fissa sull'attrice che interpreta Marta, Krystyna Janda, che in penombra in una stanza recita un lungo ed intenso monologo in cui racconta gli ultimi terribili giorni di vita del marito, il direttore della fotografia Edward Klosinski, morto di cancro.
La scelta metacinematografica dell'autore si rivela perfetta nel consentire di valutare in profondità il rapporto tra morte e cinema. L'ambiguità tra realtà e finzione crea un cortocircuito emotivo che riduce sensibilmente la distanza tra autore e spettatore, consentendo a Wajda di raccontare il dolore e l'attesa della morte con notevole efficacia.
La locandina del film mi ricorda un quadro del pittore Edward Hopper: "Morning sun" del 1952 ( http://www.edwardhopper.it/?IDC=34 )
RispondiEliminaLa donna di Hopper sembra assorta in qualcosa che si colloca oltre il territorio del quadro.
Non ho ancora visto il film di Wajda, né so se il regista abbia fatto riferimento esplicito a quel quadro, ma trovo molto interessante notare la contaminazione tra le arti.
Mi piace pensare che, oltre all'universo privato e personale in cui ognuno elabora la propria esperienza, esista anche un immaginario collettivo, una realtà comune che gli occhi di tutti sono in grado di notare.
Hopper e Wajda, tanto lontani, tanto vicini.